Leadership e studi legali: lavorare sugli elementi peculiari della professione

Il tema della leadership degli studi legali è estremamente attuale ma delicato perché limitarsi a dire seppur giustamente che – a fronte di alcune delle nuove sfide del mercato legale innescate da commoditization, tecnologia, A.I., responsabilità da ESG, smart working e great resignation – è necessario dotarsi di nuove competenze da parte di chi ha ruoli decisionali nella governance di uno studio, rischia di sminuire la reale sfida che si apre.

Vediamo perché.

 

L’individuo alfa e l’impresa  

 

C’è una foto che da tempo rimbalza su Linkedin. Mostra un branco di lupi con la spiegazione di come sia composta la fila in successione: per primi gli anziani e i deboli, poi gli altri e in chiusura il famoso maschio alfa, che guarda, controlla e si accerta che tutto vada bene. La rivelazione che la descrizione della foto si tratti di un falso non ha sminuito la sua condivisione né la fascinazione per la teoria che implica: il leader – che si tratti di un uomo o una donna – si staglia tra tutti e decide, protegge, ha cura del proprio gruppo. 

Fino a pochissimo tempo fa leadership applicata a uno studio legale era un termine che faceva pensare principalmente a strumenti come team working, open space, tecniche di motivazione; anche le nozioni e le competenze che avvocati o managing partner erano chiamati ad approfondire erano mutuate dal mondo-impresa e dalla filosofia della crescita e della performance economica come unici driver. 

Lo studio legale può essere ormai equiparato all’impresa per molte cose – la forma giuridica di società tra avvocati per azioni con apporto di capitale esterno non è più un tabù – tra queste la centralità di dotarsi di una buona guida che sappia valutare scenari di mercato, rischio dei progetti, predisporre modelli e comunicare le giuste informazioni.

Per altre cose lo studio legale mantiene ancora delle peculiarità di fondo: la presenza di precetti deontologici che regolano i rapporti con i concorrenti, la pubblicità, l’accaparramento del cliente e la stessa natura fiduciaria del rapporto professionale. Tutto questo plasma direttamente il tipo di leadership più adatta allo studio legale.

 

Personalità e comportamenti, la base delle teorie sulla leadership

 

Peter F. Drucker, economista e filosofo del management, ha parlato dell’importanza del modo di lavorare che caratterizza il singolo professionista tracciando un legame diretto con la personalità di ognuno e sottolineando la difficoltà di plasmare e modificare queste attitudini proprio perché legate a doppio filo con elementi profondi della personalità. Al contrario, la leadership si avvicina più allo stile personale e ai comportamenti che mettiamo in atto. 

Dunque la leadership si può imparare perché collegata all’idea di un miglioramento dei comportamenti verbali, non verbali e sociali modulati principalmente attraverso due parametri: potere e attrazione (su questo punto si può vedere lo studio di Howard Giles nella sociolinguistica). Anche Daniel Goleman, padre dell’intelligenza emotiva, ha contribuito in misura rilevante a sviluppare il tema della leadership professionale come evoluzione in più direzioni dell’abilità a gestire se stessi e le proprie relazioni oltre a riconoscere, capire e influenzare le emozioni degli altri. 

 

Quale leadership per gli avvocati? 

 

Ma quale leadership, se ci riferiamo agli studi legali e alla psicologia sottostante che permea il mondo e il lavoro degli avvocati? L’ambiente e la sua valenza psicologica contano dunque conoscere le peculiarità che lo caratterizzano è essenziale per poter proporre metodi che producano risultati. 

L’abitudine a lavorare in autonomia attraverso l’analisi e la valutazione di tutte le possibilità, lo scetticismo storico di questa professione che pervade ogni idea o controproposta, la forte competizione interna, l’abitudine a non condividere informazioni, la consapevolezza di far parte – spesso – di strutture gerarchiche con rigidi schemi di valutazione e di accesso ai livelli superiori. 

In questo contesto la figura del leader avrà più successo se – oltre alla fondamentale capacità di scegliere e impostare le strategie di innovazione e crescita a lungo termine e quella di migliorare la comunicazione interna e quella con i clienti, si concentrerà su :

  • l’incoraggiamento di un modo di pensare realmente innovativo all’interno dello studio attraverso feedback, confronti, discussioni, design thinking come metodi di costruzione di processi operativi o soluzioni legali, 
  • l’assunzione di responsabilità complesse che implicano l’apprendimento da parte dei professionisti, junior e non, di autogestione del lavoro, analisi delle competenze e sviluppo personale in termini di motivazione e crescita
  • la capacità di allineare strategia, organizzazione e persone in un progetto di armonizzazione e sviluppo che migliori sia l’efficienza e i numeri dello studio che la percezione che i singoli avvocati hanno del loro valore e del loro ruolo “reale” nella struttura 
  • la condivisione dei rischi e degli scenari che lo studio sceglierà o meno di percorrere a fronte dei cambiamenti presenti sul mercato legale, lato clientela e practice area
  • un lavoro continuo di valutazione sui procedimenti di promozione, retribuzione e recruiting  

 

Articolo pubblicato su MAG di LegalCommunity